sabato 16 gennaio 2016

Aylan & Charlie

La vignetta di Charlie Hebdo sul piccolo Aylan ha scatenato l'indignazione del pubblico, un'indignazione ottusa che non condivido e che ha l'aspetto di un fenomeno telecomandato.





Era il 2 settembre del 2015 e i massacri in Siria andavano avanti indisturbati da quattro anni. L'opinione pubblica aveva ben altro a cui pensare e continuava a infischiarsene altamente della sorte dei bimbi siriani. Anzi nell'estate precedente, nel luglio del 2014, l'indignazione a telecomando s'era dedicata in modo virale ai "poveri bambini di Gaza massacrati dai kattivi sionisti". In quell'occasione qualcuno parlò addirittura di "genocidio", giusto per sparare una menzogna in più ai danni dello stato degli ebrei.


Intanto, il fatto che in Siria i bambini continuavano a morire a decine di migliaia si traduceva esclusivamente in una miniera d'oro per gli sciacalli che usavano sistematicamente le foto di quel massacro per spacciarle come effetto collaterale dell'azione di difesa israeliana.


Nilüfer Demir



Ma ritorniamo a quel triste 2 settembre del 2015, quando una fotografa turca fotografò il povero Aylan, morto a soli tre anni, riverso sulla riva del mare. Nilüfer Demir scattò quella foto per dare visibilità a quella tragedia, parte della più grande tragedia dell'intero popolo curdo, oppresso da sempre dalla Turchia, ma oggi più che mai combattuto dal regime di Erdogan per la sua strenua resistenza all'espansione dell'ISIS.





Aylan Kurdi


Aylan apparteneva a una famiglia di rifugiati curdi intenti a lasciare l'inospitale accoglienza della Turchia per raggiungere l'Europa. Non fu il primo bambino a morire in circostanze simili e nemmeno sarà l'ultimo. La maggior parte di loro è  morta e continuerà a morire nella più assoluta indifferenza del genere umano. Però la foto di Aylan fu pubblicizzata ad arte dai media, il che fece scattare la magia dell'indignazione a telecomando. I nostri media evitarono accuratamente d'interpretare quella foto come atto d'accusa verso la Turchia: l'assurdità di quella morte fu catalogata come generica "tragedia delle migrazioni", come fosse normale che dei profughi vogliano andar via dal paese che li sta ospitando.


Veniamo adesso all'episodio di violenza islamica organizzata a Colonia. Non è stato il primo e sicuramente non rimarrà l'ultimo. Lì l'indignazione è venuta a scoppio ritardato, perché la notizia è stata tenuta nascosta per giorni, riportandoci indietro ai tempi di Erich Honecker, quando il Muro di Berlino era ancora solido e inespugnabile (del resto, la Merkel viene da quella cultura). Ecco, se per Aylan l'indignazione fu come la voce di un coro monodico, per i fatti di Colonia l'opinione pubblica si è divisa: da un lato, le amebe buoniste che giustificano tutto e tutti fino all'inverosimile e mirano all'eutanasia della nostra civiltà; dall'altro, le belve razziste, non meno violente degli stessi terroristi-stupratori.

Veniamo infine alla vignetta di Charlie Hebdo: è cruda e spietata, non lo metto in dubbio. Ma è profonda e intelligente. E' l'espressione artistica di chi ha centrato appieno il problema.


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Sì, è anche vero quel che twitta la regina Ranya di Giordania: se Aylan non fosse morto, sarebbe cresciuto, avrebbe studiato, forse sarebbe diventato un medico, sicuramente un padre amorevole. Anche io non ho dubbi. 

Sarebbe interessante però se la regina Ranya ci dicesse secondo lei dove avrebbe esercitato la sua professione il piccolo Aylan, una volta laureatosi. Nello stato del Kurdistan? Impossibile: non esiste uno stato chiamato Kurdistan. In Turchia? Lo vedo molto improbabile: in Turchia i Kurdi affollano le galere del regime. Nella Siria da cui erano fuggiti? Lo escludo: sebbene lì ci sia indubbiamente bisogno di medici e infermieri per accertare morti e curare feriti e moribondi, nel derby sciiti-sunniti (ossia Assad-alBaghdadi, o meglio Putin-Obama) non c'è posto per cudi, yazidi ecc.

In ogni caso, Aylan non sarebbe diventato un 
terrorista-stupratore. E infatti la vignetta non è un atto di accusa verso di lui, ma verso la superficialità, l'ottusità di chi segue sia l'uno sia l'altro gregge, quello dei buonisti o quello dei razzisti, entrambi accecati della propria ideologia, entrambi incapaci di leggere la realtà e di capire che un bimbo curdo che sfugge al regime islamista di Ankara di certo non potrà mai e poi mai diventare da grande un terrorista-stupratore.

Quanti di quelli che si indignarono per la morte di Aylan oggi urlano senza pietà contro l'accoglienza dei profughi! E quanti altri di quelli che si indignarono per la morte di Aylan oggi sono invece in preda a insensati sensi di colpa, come fossero privati di un cervello per ragionare, e predicano accoglienza senza se e senza ma, giustificando perfino i peggiori crimini commessi in nome di Allah, spacciandoli per "differenze culturali"; le stesse differenze culturali che hanno fatto precipitare questo mondo nel caos, quel caos che da sempre e a tutte le latitudini uccide in nome di Allah, e che il 2 settembre 2015, fra le innumerevoli elargizioni di morte, ha messo fine anche alla breve vita di Aylan.

La vignetta ha scatenato un putiferio. E la maggior parte del pubblico s'è indignata a guardare, non la luna e neanche il dito, ma l'unghia sporca del dito che indicava la luna. Questo vuol dire che l'autore ha visto bene.

(Ah, dimenticavo una cosa: il nome esatto del bambino è Alan, ma evidentemente per i media suonava troppo occidentale e troppo poco da profugo)

4 commenti:

  1. ? Famiglia perbene quella di Aylan?! Ma se era proprio suo padre lo scafista criminale che speculava sulla pelle delle persone!

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    1. Il padre era al timone e cercava di raggiungere Kos per portare via dalla Turchia la sua famiglia. Ovviamente si sarà fatto pagare per imbarcare anche le altre persone e sicuramente avrà dovuto pagare le guardie costiere perché non vedessero. Le accuse contro di lui sono risultate infondate.

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    2. Le accuse, oltre di essere al timone e di essersi fatto pagare, erano anche di essere ubriaco. E che le accuse siano risultate infondate non l'ho trovato da nessuna parte.

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